giovedì 16 luglio 2015

JUVE GUERRIERA, ANCHE SENZA VIDAL


La notizia è arrivata ieri sera: Arturo Vidal è praticamente un giocatore del Bayern Monaco.
La squadra bavarese, infatti, ha visto nel cileno l’erede di Bastian Schweinsteiger (passato allo United) e la Juve si è vista recapitare un’offerta da circa 30 milioni. Il club bianconero ha rifiutato, pretendendo di più, ma dall’altra parte della cornetta non dobbiamo dimenticare che c’è il Bayern Monaco, una delle squadre più potenti del mondo, che non farà molta fatica ad alzare l’offerta. Inoltre, Vidal ha già l’accordo con i campioni della Germania.
Dopo Pirlo e dopo Tevez, ecco che la Juve si prepara a salutare un altro dei giocatori più rappresentativi degli ultimi anni. Vidal è arrivato a Torino quattro anni fa, strappato al Bayer Leverkusen per circa 15 milioni, in una trattativa nella quale si era inserito, guarda caso, proprio il Bayern Monaco. La Juve però riuscì a vincere, prendendo un giocatore ai molti sconosciuto, ma che in poco tempo è riuscito a conquistare il popolo bianconero, diventando uno dei protagonisti della cavalcata della squadra di Conte.
Si scrive Vidal, si legge Guerriero. E il Guerriero è stato fondamentale per la Juve in questi anni: goal, assist, prestazioni da leader. In bianconero Arturo è diventato uno dei giocatori più forti nel suo ruolo e ora, nel punto più alto della sua carriera, è più che normale che uno squadrone come il Bayern si sia interessato a lui. Ed è giusto, a mio parere, che la Juve lo lasci partire.
La Juve senza Vidal, ma con circa 40 milioni in più nelle casse, che saranno rinvestiti per il trequartista. I nomi che girano sono quelli di Oscar, Goetze, Isco, Draxler e anche Cuadrado, che non è proprio un trequartista, ma nel caso di una svolta al 433, sarebbe l’ideale.
Comunque, negli ultimi anni, la Juve ha mostrato più volte di sapersi muovere bene e saggiamente sul mercato (Dybala, Khedira, Mandzukic gli ultimi esempi) e quindi sono certo che porterà a casa il giocatore più funzionale al progetto.
Il gran merito della Juve, lo ribadisco, è quello di aver avuto il coraggio di rivoluzionarsi, al contrario dell’Inter del Triplete. I nerazzurri tenerono, nonostante ricche offerte, Maicon, Milito, Sneijder e via dicendo, senza accorgersi che il ciclo era, inevitabilmente, finito, pagandone poi le conseguenze. 
La Juve invece ha cambiato, anche se, per un verso, è stata costretta, visto che Tevez e Pirlo hanno scelto di andarsene. Ma è anche vero che Marotta si è mosso con largo anticipo nel mercato, prevenendo i possibili addii e rifondando la squadra.
Signori, anche senza Vidal, la nuova Juve riparte in pole e sarà ancora la squadra da battere. 

martedì 14 luglio 2015

STORIE MONDIALI


Sto leggendo un libro bellissimo. Bellissimo perché è l’incontro di due delle mie materie preferite: calcio e storia. Due cose così diverse, ma, allo stesso tempo, così uguali.
Il libro si intitola “Storie Mondiali” ed è stato scritto a quattro mani da quel grande storyteller che è Federico Buffa e dal giornalista freelance Carlo Pizzigoni, che ho anche avuto il piacere di incontrare.
“Storie mondiali”, comprato a Natale per mio papà e fatto autografare da entrambi gli autori, è diventato il mio regalo post sessione estiva degli esami. Durante l’anno universitario il tempo per leggere libri extra non è molto a disposizione, dato che quelli da studiare sono sempre tanti, troppi. Dopo il mio ultimo esame, però, mi sono buttato su “Storie Mondiali” che da troppo tempo mi guardava dalla libreria, implorandomi quasi di leggerlo.
E appena ho avuto la possibilità, l’ho fatto. Lo sto ancora leggendo, ma non riesco proprio a staccarmi dalle sue pagine, che definirei magnetiche.
Il libro “Storie mondiali” ha chiuso lo splendido percorso che Buffa&Co avevano iniziato con il programma omonimo targato Sky, con il quale hanno ripercorso la storia dei mondiali, concentrandosi ogni puntata su una determinata edizione, dal quella del ’30 in Uruguay a USA ’94.
Una bibbia del calcio, soprattutto per chi, come me, quelle edizioni non le ha vissute sulla propria pelle. Ho 21 anni, il primo mondiale che ricordo bene è quello del 2002, il Mondiale di Ronaldo e di Moreno.
Per questo amo leggere questo libro, perdermi tra i vari aneddoti, le storie, le frasi… In questo libro riesco a sentire il bello del calcio, quel calcio che ha, inevitabilmente, accompagnato il passare degli anni.
“Storie mondiali” è forse più un libro di storia, che di calcio. In questo libro, il calcio è il pezzo di un puzzle che si incastra perfettamente insieme ad altri pezzi (cinema, musica, arte), formando un’opera meravigliosa, capace di insegnare e emozionare.
Come disse Mourinho, “Chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio”, per questo “Storie mondiali”, non è solo un libro di calcio, ma è molto di più.

venerdì 10 luglio 2015

ANDRES ESCOBAR, QUANDO IL CALCIO NON E' SOLO UN GIOCO



2 Luglio 1994: una data indelebile di una delle pagine più nere nella storia calcistica e non della Colombia. 
In quel fatidico giorno, Andrés Escobar, capitano dei “Los Cafeteros“, viene freddato a colpi di pistola fuori da un locale di Medellin, la sua città natale.
La sua colpa? L’aver segnato l’autogol decisivo che ha permesso agli USA di battere la Colombia nella seconda partita del Mondiale negli States, sconfitta che ha sancito l’uscita prematura della sua nazionale dalla manifestazione.
La Colombia arrivava al Mondiale come una delle possibili sorprese. Aveva battuto l’anno precedente al Monumental di Buenos Aires 5 a 0 i padroni di casa dell’Argentina, e in rosa poteva contare su giocatori come Carlos Valderrama, detto “El Pibe”, Rincon, Valencia, Asprilla (che ha giocato in Italia) e, appunto, Escobar, che di quella squadra era il leader. 
Escobar era un difensore moderno, bello da vedere e soprattutto bravo: lì dietro comandava lui.
Sacchi, dopo averlo avuto contro in finale di Coppa Intercontinentale, disse: “Questo me lo compro domani se si può”.
La Colombia però aveva iniziato male il Mondiale. Nel match d'esordio contro la Romania era stata messa ko da tre gol di Raducioiu. Il 22 giugno il secondo incontro, avversario i padroni di casa degli Stati Uniti. Al 34' del primo tempo, su un cross sbagliato del mediano statunitense Harkes, Escobar interviene in spaccata all'altezza del dischetto del rigore deviando il pallone, destinato al fondo campo, al di là della propria porta, difesa da Cordoba. Escobar rimane a lungo disteso sull'erba, impietrito dallo sfortunato episodio.


Sui giornali colombiani, all’indomani della sconfitta, Andrés scrisse:” Sono il più deluso di tutti, deluso come voi. Signori però, la Colombia, e soprattutto la vita, continua.”.
Per Escobar, purtroppo, non fu così.
Tornò nella sua casa di Medellin ma, in cuor suo, continuava a pensare a quel Mondiale che, con il senno di poi, non avrebbe mai voluto giocare. Non era più il solito ragazzo solare, era giù di morale a tal punto che la sua ragazza non lo riconosceva più. Una sera, per cercare un po’ di spensieratezza, decise di uscire, e andò in un locale: “El Indio”. Nella città la situazione non era delle migliori: da qualche mese era morto il grande sovrano del narcotraffico, Pablo Escobar, in una sparatoria con la polizia, e, come spesso succede, con la morte di una grande monarca, si crea un clima di tensione e inquietudine.
In quella discoteca c’erano alcuni individui appartenenti ad una famiglia che puntava al trono nel mondo della narcotraffico, che iniziarono ad apostrofare il giocatore. Andrés capì che non era il caso di rimanere lì e decise di tornare a casa.
Nel parcheggio de “El Indio” però è avvicinato da un gruppo di uomini che sembravano attenderlo e che iniziano ad aggredirlo con insulti. Gli ricordavano che loro e molta altra gente in Colombia avevano perso tantissimi soldi, scommettendo sulla loro fortissima squadra. Si scatena così una discussione ai limiti della rissa, incentrata proprio sull'autogol in cui è incappato il difensore nella partita dell'esclusione dalla Coppa.
Ma la discussione dura poco, perché gli uomini passano subito dalle parole ai fatti. Estratte le pistole, fanno fuoco a ripetizione su Escobar, che viene trasportato da un taxi all'ospedale di Las Palmas. Inutilmente, perché ci arriverà cadavere. Gli uomini fuggono poi a bordo di due fuoristrada, uno dei quali, una Toyota, viene ritrovato più tardi dalla polizia, abbandonato nei pressi dell'aeroporto. Si tratta di una jeep rubata e fornisce la certezza che l'agguato a Escobar era premeditato e organizzato dalla malavita. Andrés non viene ucciso, viene giustiziato: dodici spari,  ognuno seguito da un urlo: “Goal”. L’assassino si chiama Humberto Munoz Castro ed è stato condannato a 43 anni di carcere ma nel 2005 è uscito per buona condotta. Ha sempre sostenuto di non essere un sicario, affermando che il suo era un “raptus di delusione”.
Quel che è certo comunque, è che per tutti pagò il più bravo, umanamente e calcisticamente parlando: un vero grande leader.
Per anni, nessuno se l’è sentita di indossare la “Dos”, la maglia n.2 della Colombia, la maglia di Andrés.  Nessuno, fino ad un altro leader, un altro uomo con la U maiuscola: Ivan Ramiro Cordoba.
Nessuno, però, si è dimenticato di Andrés!





mercoledì 8 luglio 2015

CHE BELLO IL CALCIOMERCATO



Che bello il calciomercato estivo. Bello perché è il periodo in cui ogni tifoso sogna. Bello perché ogni squadra sembra potenzialmente la più forte. Bello perché è estate e leggere la Gazzetta sotto l’ombrellone, con una granita anice-menta in mano, è qualcosa di impareggiabile.
Guardo almeno tre tg sportivi al giorno: le notizie si ripetono, le so quasi a memoria, le sa anche mia mamma, ma non riesco proprio a cambiare canale.
Il calciomercato è così, c’è poco da fare. Ti appassiona, ti fa sperare, ma si basa sulle parole. E’ tutto il contrario del calcio giocato, qui non c’è nulla da vedere, puoi solo ascoltare. E sperare.
In estate non ci sono partite, e quindi è proprio il calciomercato che ha l’arduo compito di mantenerci con i piedi per terra, o meglio, sul campo. Calciatori, squadre, procuratori, presidenti, allenatori e chi più ne ha ne metta: quanti nomi sento in queste settimane, quanti giocatori vanno e vengono, quanti giocatori hanno un momento di gloria per l’accostamento del loro nome a una squadra per poi ritornare nel dimenticatoio, quanti giocatori arrivano sconosciuti e ripartono campioni… Il calciomercato ci regala sempre tante storie di calcio.
In questo abbiamo ad esempio il derby per Kondogbia, con Galliani, Ausilio, Fassone, Monaco e giocatore seduti tutti allo stesso tavolo per trattare, il caso Salah, i sofferti addii di Tevez e Pirlo, Gervinho e l’elicottero, e avanti così… Ma siamo solo all’8 luglio e il calciomercato è ancora lunghissimo, pronto a regalarci ancora tante tante perle.
Questo è il bello del calciomercato estivo, l’argomento più caldo della stagione più calda.

lunedì 6 luglio 2015

CACCIA ALLA JUVE


E’ vero che Inter e Milan stanno facendo un grande mercato (in attesa della Roma e del Napoli) ma è anche vero che quest’estate la squadra da battere è sempre la solita: la Juve.
Senza Tevez e senza Pirlo, ma con Dybala, Mandzukic, Zaza e Khedira.
Una Juve che avrà pur perso due dei giocatori più rappresentativi del suo passato recentissimo, ma ha comprato molto bene, anticipando tutti.
Quella della Juve si può intendere anche come una mini-rivoluzione, quella che l’Inter non fece nel post-Triplete, pagandone poi le conseguenze a caro prezzo. La Juve invece, saggiamente, si è mossa con largo anticipo sul mercato, prevenendo anche agli addii di Tevez e Pirlo, e acquistando forse il meglio che il mercato offriva, sempre sotto il profilo qualità-prezzo.
Khedira è un usato sicuro (che poi tanto usato non è, dato che ha ancora 29 anni), che assicura esperienza e quantità in mezzo al campo; un possibile titolare che, pur essendo completamente diverso da Pirlo, può benissimo giocare nella sua posizione, davanti alla difesa.
L’attacco invece è stato praticamente stravolto, con la partenza dell’Apache e quella probabile di Llorente. Mandzukic lì davanti è un osso duro per qualsiasi difesa, meno trascinatore di Tevez ma forse ancora più pericolo dell’argentino, soprattutto nei duelli aerei. Zaza può essere la sorpresa e giungere alla definitiva consacrazione: con il Sassuolo ha fatto la differenza e, se sarà in grado di ritagliarsi uno spazio importante, può essere determinante per la stagione bianconera. Dybala è il grande acquisto della Juve, economicamente parlando, dato che per prenderlo sono serviti 40 milioni, bonus compresi. Ma il talentino ex Palermo ha già dimostrato tutte le sue qualità in questo primo anno di Serie A e a Torino può definitivamente esplodere. In più c’è Morata che dopo un anno di ambientamento, quest’anno sarà la punta di diamante di Allegri.
Ma la Juve non è solo nuovi acquisti, no, la Juve è anche la squadra dello scorso anno, la più forte in Italia e la seconda più forte in Europa. Una squadra quasi imbattibile e apparentemente senza punti deboli. E con uno degli allenatori più bravi in circolazione, che a breve rinnoverà per un altro anno.
Cari Inter, Milan, Roma, Napoli, Lazio, Fiorentina e via dicendo, anche quest’anno, contro questa Juve, sarà molto molto dura.





sabato 4 luglio 2015

MILANO ANNO ZERO



Giornata intensa quella di ieri per la Milano calcistica: Inter e Milan hanno iniziato ufficialmente la stagione 2015/2016.
Due squadre completamente agli antipodi, con due allenatori così simili ma allo stesso tempo così diversi e con due progetti vincenti, che hanno in comune la stessa prerogativa: tornare ad essere protagoniste in Italia.

INTER
Mancini può finalmente gestire la squadra dall’inizio, cercando di costruire un’Inter che rispecchi le sue idee di calcio, cosa che non è riuscito a fare appieno la scorsa stagione. Intanto, l’ex allenatore del City ha chiesto una rifondazione della squadra e così è stato. Voleva 8-9 innesti e per ora Ausilio lo sta accontentando. Nella casella nuovi arrivi si possono leggere i nomi di Murillo, Miranda, Kondogbia, Montoya, ma la lista tende ad allungarsi, dato che arriverà un altro centrocampista (Suarez? Melo?) e uno o due attaccanti (Salah? Cuadrado? Perisic? Jovetic?). Dopo la difesa, infatti, manca ancora qualche aggiustamento sulla mediana e nel reparto offensivo, per puntare veramente a disputare una grande stagione.
"Il nostro obiettivo è lo Scudetto, si lavora per colmare il gap con la Juventus. Siamo migliorati e dobbiamo rimanere su questa squadra. E', secondo me, una cosa fattibile. Dobbiamo avere la mentalità di una squadra che gioca per vincere. L'anno scorso ci complicavamo le cose, ma fa parte del gioco". Uno dei migliori pregi di Mancini è che ha sempre le idee chiare e quando si sente di dire o fare qualcosa, la dice o la fa. Per questo l’Inter si candida già da adesso come una rivale della Juve e, pur non partendo dalla pole, può fare molto bene. Per ora sta vincendo il campionato d’estate, ma è quello che inizia il 22 agosto a contare davvero. Da quel giorno non più parole, ma fatti.

MILAN
In una conferenza esplosiva, Berlusconi ha dato il via al Milan targato Sinisa Mihajlovic. Un Milan nuovo, diverso in tutto e per tutto, rispetto a quello delle ultime due stagioni.
In panchina è stato scelto uno tosto, un altro che ha le idee chiare e sa quel che fa. Mihajlovic ha la personalità e la grinta per riportare il Milan dove merita. Vuole una squadra aggressiva, che affronti l’avversario, una squadra di cui tutti devono aver paura: ”Rosso fuoco e nero paura. Lavorare duro ed essere professionisti esemplare. Bisogna tornare ad avere fiducia e ad essere ottimisti. Tutti i tifosi, tutta la società, tutti devono essere uniti: possiamo toglierci grandi soddisfazioni.” Un Mihajlovic entrato completamente nell’universo Milan, che cita la storica frase del fondatore del club rossonero Herbert Kilpin.
Per quanto riguarda la squadra, sono arrivati tre ottimi giocatori (Bertolacci, Luiz Adriano e Bacca) mentre è in arrivo anche il promettente Josè Mauri, svincolato dal Parma. In difesa manca un giocatore di primo livello, uno alla Nesta o alla Thiago Silva per intenderci. Se il Milan riuscisse a prendere un buon difensore, può davvero pensare in grande. Si parla di Romagnoli, che magari non ha così tanta esperienza, ma secondo ha delle qualità pazzesche.
Il ritorno in Champions è l’obiettivo minimo, come ricorda Berlusconi: “Mihajlovic ha tutte le caratteristiche per riportare il Milan ai livelli che gli spettano. Il calcio ha dei cicli, ma il nostro imperativo categorico è tornare in Champions League.”.

Un Inter da Scudetto e un Milan da Champions quindi: Milano sogna una stagione finalmente da protagonista. Ma non sempre i sogni diventano realtà. Staremo a vedere.

venerdì 3 luglio 2015

MILAN ALL'ATTACCO


Milan all’attacco. In tutti i sensi.
In questi ultimi giorni, infatti, Adriano Galliani ha sferrato due grandissimi colpi per il reparto offensivo rossonero: Carlos Bacca e Luiz Adriano. Due trattative improvvise, soprattutto quella per il brasiliano, che hanno portato in rossonero due ottime punte che possono giocare insieme.
Esperienza internazionale, tecnica e fiuto per il gol: Bacca e Luiz Adriano sono sicuramente due acquisti ideali e arrivano al Milan in cerca della definitiva consacrazione. E la cercheranno in coppia, in un attacco che offrirà un mix letale di potenza, personalità e agilità, il tutto in salsa latino-americana.
Bacca è il grande colpo del Milan di quest’estate, almeno sotto il punto di vista economico. 30 milioni sono serviti per strappare l’attaccante colombiano dal Siviglia, squadra che ha trascinato due volte alla vittoria dell’Europa League. Bacca è una prima punta mobile, un attaccante moderno, che corre per tutto il fronte offensivo, senza dare punti di riferimento alla difesa avversaria. La sua storia ormai è di pubblico dominio, tutti sappiamo che fino al 2009 faceva il pescatore e il controllore del bus e il calcio per lui significava poco più che un passatempo. Poi la svolta, con il passaggio al Bruges nel 2011 e poi in Andalusia, dove è esploso e si è fatto conoscere definitivamente. Ora arriva una sfida ancora più difficile: fare bene in Italia e far rinascere il Diavolo.
Luiz Adriano è arrivato dopo un’operazione lampo di Galliani. Il brasiliano si sarebbe svincolato a dicembre, ma il Milan aveva bisogno subito di una punta con queste caratteristiche e quindi hanno scelto di acquistarlo già ora, per circa 8 milioni. L’ex Shakhtar vestirà quel numero 9 che non ha più trovato un vero padrone dopo l’addio di Pippo Inzaghi, quel 9 che è il numero dei grandi bomber. Luiz Adriano non avrà per niente un compito semplice, quindi. Deve essere quell’attaccante letale che al Milan manca ormai da troppi anni, quel mostro da area di rigore che si trova sempre al posto giusto nel momento giusto. Questa è la grande occasione della sua vita e, il Milan spera possa sfruttarla nel migliore dei modi.
Un attacco super, una coppia potenzialmente terribile che farà dannare le difese avversarie. Ma se dovesse arrivare Ibra, come cambierebbe l’attacco milanista?