lunedì 29 giugno 2015

ESAMI E RIGORI



Dare un esame orale è un po’ come tirare un rigore dopo i supplementari.
50% di possibilità: promosso o bocciato, gol o non gol.
Sia l’esame sia i calci di rigore arrivano dopo un lungo percorso: i rigori dopo centoventi minuti estenuanti, l’esame dopo un anno intenso di studio e riassunti.
Ma quando ti trovi davanti al portiere avversario o al professore, tutto svanisce: sei solo tu contro di lui (o lei). E il professore, in questo caso, si trasforma, purtroppo, nel portiere più forte del mondo.
La palla può entrare in rete, ma dipende tutto (o quasi) da te. Puoi essere fortunato, prendere il palo, ma poi la palla entra lo stesso, riuscendo a portare a casa un 18 insperato e quanto mai sofferto. 
Il professore però ti metterà a dura prova, sia a livello fisico sia mentale. Un esame (o un calcio di rigore) è una questione di nervi. Sempre.
Ti fisserà negli occhi, ti farà domande difficili, cercherà di metterti in difficoltà. Tu devi essere più bravo, sperando anche nella fortuna. Perché, come in ogni calcio di rigore, per fare gol serve sempre quella giusta dose di fortuna…
Se ti presenti dal dischetto concentrato e con la convinzione di poter fare gol, portare a casa la partita e, quindi, l’esame, diventa potenzialmente più semplice. Bisognerebbe arrivare come Totti sul dischetto contro l’Australia nel 2006. Se arrivi così a un esame, torni con un 30 e lode. Sicuro.
Un esame perfetto e sorprendente lo paragonerei a un altro rigore di Totti, il celebre cucchiaio che fece, esattamente quindici anni fa, a Van Der Sar durante l’emozionantissima lotteria dei calci di rigore tra Italia e Olanda, nella semifinale degli Europei. 

Fu una giornata gloriosa per la nostra Nazionale, grazie al Pupone, ma soprattutto grazie a San Francesco Toldo, che quella sera parò tre rigori.

Auguro, quindi, a tutti gli studenti (me compreso) di riuscire a essere dei Totti agli esami, sperando che il vostro professore non sia un Toldo, versione Europei 2000!

giovedì 25 giugno 2015

INTER, AVANTI TUTTA!

L’Inter sembra non voglia più fermarsi, ci ha preso gusto e in questo mercato si sta divertendo particolarmente. Nel giro di pochi giorni, la squadra di Thohir è cambiata completamento. Prima sembrava incerta sul futuro e con poca chiarezza su come e su chi muoversi; oggi invece è una furia, che mira a giocatori specifici, tutti di prima fascia, per costruire uno squadrone. Un cambiamento che, forse, nemmeno il tifoso interista più accanito si poteva aspettare. Dopo gli acquisti di Murillo (a gennaio), Miranda e Kondogbia, a quanto pare siamo al fotofinish anche per la vicenda di Imbula. Il Marsiglia, infatti, sembra si sia convinto ad accettare l’offerta nerazzurra (prestito con obbligo di riscatto) e quindi, anche il centrocampista classe ’92 molto probabilmente diventerà un nuovo giocatore di Mancini.
Il tecnico interista ha avuto quel che voleva, ovvero un centrocampo fisico, che assicuri qualità ma anche tanta quantità. Mancini da sempre ama giocatori del genere, con ottime individualità ma anche un fisico devastante: ricordiamo il periodo della prima Inter manciniana, in cui tutti superavano il metro e 80.
Kondgbia e Imbula hanno, sicuramente, il cosiddetto physique du rôle.
Ma l’Inter non si ferma qui, anzi. Si vuole puntellare la difesa con due terzini, con l’arrivo (probabile) di Zukanovic e quello (possibile) di Montoya. Il centrocampo è apposto, mentre è in attacco che l’Inter si sta preparando a sferrare un altro, l’ennesimo, grande colpo.
I nomi che girano sono quelli di Salah, Cuadrado e Perisic. L’egiziano (in cima alla lista, anche mia) sembra, però, essersi convinto di rimanere a Firenze, ma non è che disdegnerei l’arrivo di Cuadrado o Perisic, anzi!
CAPITOLO CESSIONI
Kuzmanovic sta per andare al Watford e, alcune voci, sostengono che in sua compagnia ci sarà anche Davide Santon. Spero sia una bufala, perché Santon, nonostante abbia saltato parecchie partite per scelta tecnica, quando è sceso in campo ha fatto sempre molto bene.
E’ a centrocampo che, comunque, ci saranno le cessioni più importanti. Il nome caldo è quello di Kovacic, ma come ho già ribadito, il talento croato va trattenuto, anche a costo di un sacrificio (#saveKovacic). Certo però, se arrivassero 40 milioni…
Quelli da sacrificare, a mio parere, sono Guarin e Hernanes che, se venduti bene, possono portare nelle casse dell’Inter un buon gruzzoletto. Per quanto riguarda Shaqiri, io non lo venderei: ha fatto male in questi sei mesi, ma dopo la preparazione si concluderà il (lungo) periodo di ambientamento e Shaq dimostrerà il suo valore.
Siamo però solo al 25 giugno, e con un’Inter così attiva, tutto è possibile! 

martedì 23 giugno 2015

IL MILAN E QUELLA DIFESA CHE NON SI VUOLE CAMBIARE...


Guardo tg sportivi su tg sportivi e quando si parla del calciomercato del Milan i nomi che circolano sono solo quelli di centrocampisti e attaccanti.
Ma il grande problema del Milan 2014/15 non era la difesa? Nello scorso campionato ha preso 50 (cinquanta!!!) goal, che sono davvero davvero tanti.
Eppure la società sembra intenzionata a riconfermare tutta la difesa.
Come terzini ci sono Antonelli, De Sciglio e Abate, che sono discreti giocatori, anche nel giro della Nazionale. E poi, di terzini veramente forti, in Italia, non ce ne sono.
Il vero problema dei rossoneri è il centro della difesa, con i vari Alex, Mexes, Bonera, Paletta, Zapata e mettiamoci anche Rami, che probabilmente partirà, visto le tante offerte.
L’anno scorso il Milan ha preso molti goal per clamorose sbavature difensive. Un esempio? Il goal che Bertolacci ha fatto a San Siro, saltando la difesa con un semplice gioco di gambe. Affrontare una nuova stagione, con la vecchia difesa, può rivelarsi una cosa molto rischiosa.
Due sono le soluzioni: comprare dei fenomeni lì davanti e sperare di fare ogni volta almeno un goal in più dell’avversario o comprare dei buoni e affidabili difensori centrali.
La seconda è la via più fattibile e sensata, la via che, ad esempio, ha cercato di intraprendere l’Inter, con gli acquisti di Miranda e Murillo. Ora anche il Milan, a mio parere, dovrebbe fare così. Certo, sul mercato non ci sono grandi difensori a buon prezzo, ma qualcosa la si trova, penso per esempio ad Abdennour del Monaco o a Dragovic della Dinamo Kiev… La Roma l’anno scorso è andata a pescare in Grecia Manolas, che si è rivelato uno dei difensori migliori del campionato.
Con una certa attenzione e lungimiranza il Milan può costruire una buona squadra, dato che i soldi ci sono, ma, per ora, mancano le fondamenta.

Inter, prendiMELO?



Per quanto riguarda l’ultimo tassello del centrocampo interista, Felipe Melo sembra aver superato i vari Thiago Motta e Imbula.
Un ipotetico acquisto che di certo non fa impazzire di gioia (per usare un eufemismo) la piazza nerazzurra. Ma analizziamo meglio i pro e i contro di questo affare.
FELIPE MELO: PERCHE’ NO
Dopo le buone stagioni all’Almeria e alla Fiorentina, la carriera del brasiliano è andata in declino, pur giocando in piazze importanti come Juventus e Galatasaray. Melo non è riuscito a confermare le aspettative, diventando un giocatore discreto, ma che, effettivamente, avrebbe potuto fare di più.
Quasi trentaduenne, l’Inter per Melo potrebbe essere l’ultima occasione per mostrare il suo valore, ma per la società nerazzurra può rivelarsi anche un rischio: il ritorno in un campionato così difficile come quello italiano può essere letale.
In rosa interista, poi, c’è già un doppione di Felipe Melo: Medel, infatti, assomiglia molto come giocatore a Felipe Melo, anche se quest’ultimo, tecnicamente, ha qualcosa in più, a mio parere.
Inoltre, Felipe Melo spesso perde la testa e, con lui, il cartellino giallo (se non rosso) è quasi routine.
FELIPE MELO: PERCHE’ SI
Il mediano brasiliano, innanzitutto, non ha un prezzo eccessivo: l’Inter, dopo aver fatto follie per Kondogbia preferisce chiudere la questione centrocampo con un affare low cost e il Galatasaray chiede per il cartellino circa 4 milioni. Un trattativa non proprio proibitiva.
Melo può giocare sia in una mediana a due sia in una mediana a tre, dove può fare sia il centrale sia la mezzala. Può giocare benissimo, ad esempio, con Kondogbia.
Inoltre, conosce già il campionato italiano, dato che ha già giocato con Fiorentina (bene) e Juve (meno bene). Ha esperienza e buone qualità tecniche, ma soprattutto ha una grande personalità e una cattiveria agonistica devastante, che spesso, però, lo porta ad intervenire con troppa irruenza.

Mancini lo conosce bene e ha fatto il suo nome. Se il Mancio si fida di lui, perché non possono farlo anche i tifosi?

lunedì 22 giugno 2015

JE SUIS KONDOGBIA


Benvenuto Geoffrey!
A pochi giorni dalla fine di uno dei derby milanesi più avvincenti degli ultimi anni, voglio anch’io dire la mia su questa trattativa che ha (praticamente) portato Kondogbia all’Inter. Dico “praticamente” perché di questi tempi, anche quando le cose sembrano fatte, non sono effettivamente fatte (Jackson Martinez…)
Kondogbia arriva all’Inter per una cifra per molti folle: è il secondo acquisto più caro della storia, dopo Bobo Vieri. Costo totale circa 40 milioni, più lo stipendio, 4,5 milioni € all’anno.
Diciamo che il grande affare l’ha fatto lo stesso giocatore: con un contratto di cinque anni a quella cifra, ha messo apposto la sua vita e quella delle sue generazioni future…
Il tempo, invece, ci dirà se il vero affare l’ha fatto l’Inter o il Milan.
Certo che Kondogbia arriva all’Inter con tutte le caratteristiche per essere un leader, uno decisivo, nonostante sia solo un classe ’93. Non serve che lo descriva fisicamente e tecnicamente, tutti sappiamo com’è, ma Kondogbia, a mio parere, è il giocatore che ideale per il centrocampo dell’Inter.
E Mancini (il suo intervento telefonico è stato determinante per la trattativa) stravede per lui.
Inoltre è il primo centrocampista di questa Inter che assicura un fisico devastante a tanta qualità e continuità: ricorda ex centrocampisti manciniani, da Yaya Toure a Patrick Vieira.
Ogni partita, però, sarà un esame per Geoffrey: età e ansia da prestazione possono giocare brutti scherzi, soprattutto quando giochi a San Siro, davanti ad un pubblico che non lascia passare nulla, nemmeno se sei un giovane dalle belle speranze (con Kovacic, ad esempio).
Kondogbia, in una mediana a due o a tre, avrà comunque le chiavi del centrocampo interista e proprio su di lui, Mancini vuole costruire una squadra, finalmente, vincente.
In bocca al lupo!

venerdì 19 giugno 2015

ATLETICO SHOPPING



La giornata di ieri si è conclusa con due colpi “Made in Atletico”: la Juve ha preso Mandžukić, l’Inter Miranda.
Credo che tutte e tre le squadra siano contente degli affari fatti: Juve e Inter si sono assicurate due ottimi giocatori, mentre l’Atletico vedrà entrare nelle proprie casse più di 30 milioni di €.
Fuori Tevez, dentro Mandžukić. Possiamo riassumere così la giornata juventina di ieri. Anche se il croato, come caratteristiche fisiche e tecniche. è molto diverso dall’Apache. Concordo con chi dice che sarebbe stato il sostituto ideale di Llorente, ma sono sicuro che anche lo spagnolo presto farà le valigie (destinazione Montecarlo?).
Comunque l’ex attaccante del Bayern è un signor giocatore. Mi ricordo di averlo visto in ritiro con il Wolfsburg di Magath qualche anno fa a Bad Kleinkirchheim, e le sue qualità erano già chiare: si capiva benissimo che avrebbe avuto una grande carriera. E, infatti, così è stato.
E’ il tipico attaccante moderno da area di rigore, che fa goal ma fa anche giocare bene la squadra. E’ sempre al posto giusto nel momento giusto, ma svaria su tutto il fronte offensivo ed è agile nei movimenti, nonostante il suo metro e 87.
Inoltre, è costato relativamente poco, 15 milioni più 3 di bonus, il che dimostra che non serve spendere cifre folli per comprare attaccanti di un certo livello…
Capitolo Inter. Mancini ha finalmente ottenuto il tanto desiderato difensore di esperienza. C’era già Vidic, ma l’impatto con la Serie, in certe partite, l’ha quasi trasformato in un giovane alle prime armi, con errori clamorosi tecnici e tattici. Poi, per fortuna, con il cambio in panchina, si è visto a sprazzi il Nemanja dello United.
Con Miranda dovrebbe andare diversamente, spero. Uno come l’ex Atletico serviva assolutamente all’Inter, per la sua intelligenza e la sua esperienza. Può giocare in coppia con Vidic, formando una coppia di vecchietti affidabili, o con Murillo, in una coppia in salsa sudamericana che comunque può far molto bene. E vi dirò di più, vicino a Miranda, anche Ranocchia può crescere: vicino ad uno veramente forte, anche Andrea riesce a dare il meglio di sé. E’ costato circa 15 milioni, un po’ tantino per un trentunenne, ma un giocatore così era necessario.
Ma siamo solo al 19 giugno e stiamo parlando di due giocatori all’esordio in Serie A, che sappiamo non essere il campionato più facile su questo mondo. Lasciamo la sentenza finale, quindi, al campo.

giovedì 18 giugno 2015

"EL CHINO" (forse) DICE BASTA


Questa sembra la volta buona: Alvaro “El Chino” Recoba dovrebbe lasciare il calcio a fine di questa stagione, che si è conclusa con la vittoria del campionato del suo Nacional de Montevideo, titolo numero 45 in bacheca.
Lo aveva già annunciato un anno fa, poi il ripensamento e le nuove immancabili magie: difficile possa rifarlo ancora, nonostante le offerte che non mancano, dall'India soprattutto.
Recoba è stato tra i più forti e i più discontinui giocatori che hanno vestito la maglia dell’Inter negli ultimi vent’anni: faceva una partita bene, una benissimo e poi sette male, senza incidere. Ma “El Chino” era così, e gli bastava una giocata, con quel sinistro magico, per cambiare le cose. Per questo era il preferito di Massimo Moratti.
Arrivò all’Inter nel 1997 e ci giocò fino al 2007, a parte una breve parentesi a Venezia.
Due sono le giocate da mettere in copertina per il Recoba nerazzurro: il goal a Empoli, con un pallonetto pazzesco da cinquanta metri e il 3 a 2 in quell’Inter-Sampdoria passata alla storia come la partita emblema della Pazza Inter.
Non mi ricordo bene quando fece il primo goal, avevo solo 4 anni dopotutto… ma poi l’ho visto e rivisto, apprezzandolo ogni volta di più. Il secondo goal, invece, lo ricordo benissimo, come ricordo tutte le emozioni che ho vissuto in quella partita: dalla tristezza, rabbia e delusione sono passato a sorpresa, fiducia e, infine, gioia incontenibile. All’89esimo la Samp vinceva 2 a 0 (Tonetto e Kutuzov), poi è successo l’incredibile: Martins, Bobone e Recoba ribaltarono la partita, rendendo possibile l’ impossibile.
“El Chino” dice basta, appende le scarpette al chiodo, anche se quella sinistra meriterebbe un posto d’onore nel museo del calcio.

mercoledì 17 giugno 2015

DATE A PIPPO QUEL CHE E' DI PIPPO


Ieri, con pochissime parole, il Milan ha dato il ben servito a Pippo Inzaghi: “L'AC Milan comunica di avere esonerato l'allenatore della prima squadra, Filippo Inzaghi, che ringrazia per l'opera svolta.”. Una semplice frase che ha cancellato, all’istante, una storia d’amore e di vittorie lunga quindici anni.
Il Milan, sul suo sito, ha voluto poi ricordare tutto quello che Inzaghi, da giocatore e allenatore delle giovanili, ha vinto in rossonero. Parole che hanno cercato di rimediare al freddo comunicato di qualche ora prima.
Una pessima conclusione per una vicenda gestita male fin dai primi istanti.
Berlusconi non lo voleva più, ok, ma si poteva evitare tutto il circo mediatico che si è creato intorno alla figura dell’ormai ex tecnico rossonero, partendo dalla corte spietata ad Ancelotti e il tentativo di riportarlo al Milan, all’annuncio di aver trovato l’accordo con Mihajlovic, passando per la sfilza di nomi di allenatori, che sembravano pronti a sostituirlo.
Probabilmente Pippo quest’anno non avrebbe dovuto allenare il Milan, anzi; forse, lui non avrebbe proprio voluto allenare la prima squadra rossonera, ma, diciamo, che gli è stato imposto. Lui avrebbe voluto avere un’esperienza in un club più piccolo e meno esigente, come il Sassuolo, per fare esperienza, ma il destino non ha voluto così.
Si sapeva già a giugno dello scorso anno, che il Milan sarebbe andato incontro ad una stagione difficile e, nell’ipotesi di un risultato negativo, il fatto di avere un allenatore giovane e poco esperto si sarebbe rivelato un perfetto capro espiatorio. E così è stato, al prezzo però di bruciare un tecnico giovane e con tanta voglia di fare.
Inzaghi ha avuto le sue colpe, ha peccato certamente di inesperienza, ma bisogna anche dargli merito, perché ha cercato di difendere (a volte sfiorando il ridicolo) una nave, che ha iniziato a imbarcare acqua dallo scorso agosto, senza mai, però, affondare completamente.

martedì 16 giugno 2015

#SAVEKOVACIC, NON SAPETE QUELLO CHE STATE FACENDO



Mi aggiungo anch’io alla campagna per dire NO alla cessione di Mateo Kovacic.
L’Inter deve ripartire dal talento croato, anzi, lui e Icardi devono essere al centro del progetto di Mancini. Non c’è altro da aggiungere.
Kovacic ha delle qualità impressionanti e, non dobbiamo dimenticarlo, ha solo 21 anni. L’unica cosa che lo frena è l’inesperienza data dall’età, per il resto Mateo è potenzialmente un campione.
Deve crescere, è vero, e migliorare sotto alcuni punti di vista, come certe giocate leziose da evitare in alcuni momenti, o il fatto che non tira quasi mai (però quando la fa, SBAM fa goal come quello alla Lazio) o che porta spesso troppo la palla.
E’ anche vero che a Liverpool o al Barcellona (soprattutto in blaugrana) Kovacic potrebbe esplodere definitivamente, ma l’Inter deve fare uno sforzo economico e tenerlo, e, se bisogna proprio vendere qualcuno (bisogna bisogna…) potrei consigliare io qualcuno.
Per chi si lamenta di Kovacic, per i suoi errori e per la sua poca incisività, ricordo sempre il fattore età. Pogba è sempre stato decisivo (hanno un anno di differenza), anche quando era appena arrivato a Torino, ma di Pogba ne nasce uno ogni un milione e, purtroppo, è della Juve.
Fiducia, fiducia e ancora fiducia e, ne sono convinto, Kovacic ci ripagherà. #SAVEKOVACIC

lunedì 15 giugno 2015

LA ROMA AVRA' IL SUO COLOSSEO


La giornata di oggi potrebbe essere storica per Roma e la Roma. Oggi, infatti, all’Eur, James Pallotta ha presentato il progetto per il nuovo stadio di proprietà.
Prendendo spunto dallo Juventus Stadium, da sempre punto di riferimento per il presidente giallorosso, il nuovo stadio sorgerà a Tor di Valle, in mezzo ad un’area moderna, progettata per offrire ai tifosi tutto il necessario per vivere pre-partita, partita e post-partita a 360° gradi.
I lavori dovrebbero iniziare tra la fine di quest’anno e l’inizio del 2016 e dovrebbero durare circa due anni.
Totti dice che il nuovo stadio sarà il Colosseo della Roma, e ha ragione. Lo stadio infatti diventerà il centro del tifo giallorosso, ma anche il centro economico della società, visto che, essendo di proprietà, porterà nelle casse grandi introiti.
Con un grande ritardo, dopo anni di parole, sembra sia giunta l’ora di passare ai fatti, solo che, solo la Juve e il Sassuolo possono vantare uno stadio di proprietà (nel caso del Sassuolo, è di proprietà della Reggiana).
Avere un proprio stadio è il primo passo per costruire un progetto importante, basta prendere ad esempio la Juve, che all’inizio ha quasi dato più importanza allo costruzione dello Stadium che alla squadra, ma poi i risultati (economici e tecnici) sono arrivati e si vedono tuttora.
In Inghilterra sono campioni in questo, noi ci arriviamo sempre troppo dopo.
Anche il Milan vorrebbe procedere con la costruzione di un nuovo stadio, ma la situazione sembra ancora in fase embrionale, mentre Thohir vorrebbe “bonificare” l’area intorno al Meazza e renderlo a misura di famiglie.
Speriamo sia l’inizio di qualcosa di buono.

NAPOLI A TUTTO SARRI


Sarri a Napoli mi intriga molto.
In Italia c’è molta paura nell’affidare una big ad un tecnico non di blasone e, per questo, la scelta di De Laurentiis è da ammirare. Anche se, quando è uscita la notizia dell’esonero di Montella, c’è stato un piccolo ripensamento da parte di ADL
Fatto sta che ora Maurizio Sarri è il nuovo allenatore del Napoli e si trova, per la prima volta in 56 anni, ad essere al centro di un progetto importante, in uno dei palcoscenici più affascinanti del calcio italiano e internazionale.
Sarri, toscano, ma napoletano di nascita, è un ottimo allenatore, come ha dimostrato ad Empoli e nelle stagioni precedenti, ed ora avrà a che fare con un ambiente difficile da gestire e soprattutto molto esigente, che non perdona nulla, o quasi.
A Napoli c’è aria di rivoluzione tecnica e tattica: alcuni big potrebbero partire (Higuain? Callejon? Albiol?) mentre potrebbero arrivare giocatori dal curriculum non proprio esaltante, ma funzionali al gioco di Sarri (Hysaj e Tonelli?). Dopotutto, non servono solo top player per vincere e per giocare bene, ma serve una squadra compatta, nella quale tutti si aiutano per portare a casa il risultato. E Sarri, in questo, è un maestro.
Il tecnico napoletano è bravissimo anche con i giovani (Pucciarelli e Rugani su tutti), ma anche con gente dalle poche motivazioni o in cerca di riscatto, come Maccarone e Saponara.
Hamsik, con Sarri, può tornare sui livelli standard dell’era Mazzarri, mentre Gabbiadini e Insigne potranno giocare con continuità, mostrando tutto il loro grande talento.
Inoltre, con il quasi arrivo di Valdifiori, che assicura geometrie che a Napoli non si vedono da tempo, il Napoli cambierà modo di giocare, cercando più le verticalizzazioni rispetto a come giocava con Benitez in panchina.
Affidare il Napoli a Sarri è stata una scelta senza dubbio rischiosa, che potrebbe rivelarsi sbagliata, una scelta che ricorda molto quella di Pellegrini, che nel 1991 volle sulla panchina dell’Inter, per sostituire Trapattoni, Corrado Orrico, che arrivava da un sesto posto in Serie B con la Lucchese.
Con Orrico non andò benissimo, per usare un eufemismo; con Sarri, invece, sarà tutta un’altra storia.

domenica 14 giugno 2015

INTER... PRONTI, PARTENZA, STOP!

Arriveranno giocatori nuovi, ma siamo competitivi per lo Scudetto anche con la squadra di quest’anno” parola di Roberto Mancini.
Un allenatore, è vero, deve sempre difendere i propri giocatori, ma la stagione deludente e le tante, troppe prestazioni scadenti di parecchi giocatori sono sotto gli occhi di tutti.
Quando Mancini è arrivato al posto di Mazzarri, molti si aspettavano un cambiamento totale subito. 
Il cambiamento, però, non è arrivato, nonostante un mercato invernale importante. C’è stato qualche miglioramento sul piano del gioco, ma nulla di incredibile e, infatti, i risultati parlano da soli.
Ora, bisogna lasciarsi la stagione appena conclusasi alle spalle e pianificare quella che sta per ricominciare, ma serve farlo bene e presto, perché il 3 luglio inizia il ritiro a Riscone e bisogna consegnare in mano a Mancini una squadra praticamente completa.
L’Inter, però, sul mercato si sta muovendo con un colpevole ritardo: sta sondando molti terreni, senza mai sferrare il colpo decisivo. E si è fatta soffiare giocatori che sarebbero stati l’ideale per la filosofia di gioco di Mancini, su tutti Dybala, che con Icardi avrebbe composto una coppia formidabile.
Il fatto è che l’Inter, a parte l’acquisto di Murillo, sul mercato ha fatto poco niente, soprattutto in relazione alle due rivali storiche: la Juve, che ha già preso Dybala e Khedira, e il Milan, che con il tesoretto di Mr. Bee sta progettando un campagna acquisti rivoluzionaria, partendo da Jackson Martinez, passando per Ibra e Kondogbia.
E l’inter? L’Inter, tra un sondaggio e l’altro, non ha ancora dato una svolta decisiva al proprio mercato. Servono giocatori esperti, servono campioni e servono dei leader: Toure sarebbe stato perfetto, perché in mezzo al campo, almeno per uno/due anni, avrebbe assicurato qualità e quantità, guidando la squadra con la sua personalità. Non è ancora tramontata l’ipotesi, ma l’ivoriano ha detto di no per ora, vedremo in futuro.
Il “no” del centrocampista del City non è stato l’unico, visto che recentemente l’Inter si è sentita rispondere picche dal Bayern per Benatia. Con l’ex Roma e Toure, l’Inter avrebbe cambiato improvvisamente volto. Invece, la rosa nerazzurra è ancora quella dello scorso anno; anzi, rischia di perdere uno dei pochi giocatori validi e potenzialmente più forti: Kovacic, vicinissimo, a quanto pare, al Liverpool. Sul croato e su Icardi bisognerebbe ricostruire la squadra, ma pare che il sacrificato per finanziare la campagna acquisti sarà proprio il talentino classe ’94. Se bisogna vendere qualcuno, quel qualcuno non può e non deve essere Kovacic. La cosa bella è che verrebbe sostituto da Thiago Motta, dodici anni più vecchio e con qualità completamente differenti.
Leggendo la Gazzetta, gli altri nomi in orbita Inter per il centrocampo sono Felipe Melo, che non mi dispiace, ma arriverebbe insieme ad un bel punto di domanda, lasciando stare che assomiglia molto a Medel come giocatore, e Imbula, che è un buon giocatore, ma non ancora un campione. Per la difesa si parla di Montoya, che non sarebbe male, dato che l’Inter ha un disperato bisogno di un buon terzino; per quanto riguarda Rudiger, di cui si parla discretamente bene, non dobbiamo dimenticare che ha giocato nello Stoccarda, che quest’anno si è salvato con clamorosa difficoltà. Da difensore, non un bel bigliettino da visita.
In attacco, i nomi che circolano sono Cuadrado, Chicharito e Eder, con il colombiano che considererei davvero un gran colpo, mentre, tra Eder e Hernandez, scelgo Eder come spalla di Icardi. Chicharito come riserva di Maurito sarebbe quasi un lusso.
Comunque nessun nome, tra questi, potrebbe far fare il salto di qualità all’Inter, a parte Cuadrado.
Servono i big. Kondogbia sarebbe il top e in difesa serve assolutamente un centrale di altissimo livello: Hummels o Miranda ad esempio. 
Il mercato è una lunga maratona, ma l’Inter è ancora fermo ai blocchi di partenza.
Gli interisti, comunque, si fidano di Mancini e Mancini si fida di Thohir e Ausilio. Staremo a vedere.

sabato 13 giugno 2015

LA MIGLIOR DIFESA... E' LA DIFESA


La partita contro la Croazia, nonostante tante assenze e la stanchezza di fine stagione, ha portato ad alcune interessanti considerazioni.
La grinta che Conte riesce a dare ai propri giocatori, che sia una semplice amichevole o che sia una partita decisiva per gli Europei, è qualcosa di incredibile. Ma questo, non lo scopriamo mica oggi…
L’Italia, comunque, ha giocato discretamente e siamo riusciti a tornare a casa da Spalato con un pareggio preziosissimo, in una serata in cui sembrava dovesse andare tutto storto, dal goal annullato agli infortuni.
Un risultato ancora più importante, se notiamo, a malincuore, che la nostra rosa non è di altissimo livello, soprattutto mettendola a confronto con grandi Nazionali del passato.
In attacco siamo ancora un po’ troppo immaturi: abbiamo giovani di belle speranze (El Shaarawy, Zaza) che devono ancora confermarsi ad alti livelli, abbiamo buoni centravanti, come Pellè e Immobile, che non sono però dei top player; l’unico che ieri sera ha fatto la differenza è Candreva, con un’altra prestazione di livello, a concludere un anno eccezionale.
Il centrocampo è, senza dubbio, il reparto più forte, con giocatori di spessore internazionale come Pirlo, Verratti, De Rossi e Marchisio e alcuni giocatori che magari non sono dei campioni, ma sono comunque degli ottimi centrocampisti, da Parolo a Bertolacci, passando per Soriano.
La difesa, secondo me, è il reparto più in crisi. Da sempre, la nostra Nazionale ha basato le sue fortune sulla fase difensiva: Collovati, Scirea, Gentile, Cabrini e Bergomi nel 1982, Maldini, Baresi, Costacurta e Tassotti nel 1994, Materazzi, Cannavaro, Nesta e Zambrotta nel 2006.
Non è assolutamente una critica verso i vari Bonucci, Astori o Ranocchia, perché, evidentemente, sono i migliori centrali in Italia, ma è una riflessione verso l’intero movimento calcio.
Dopo aver sfornato per anni ottimi difensori, oggi in Italia sembra si sia invertita la rotta, puntando molto di più su attaccanti e giocatori offensivi. A livello internazionale, di difensori veramente forti, in circolazione, ce ne sono pochi, di italiani praticamente nessuno.
La maggior parte delle speranze del calcio italiano sono indirizzate verso Daniele Rugani, il giovane difensore che ha fatto una super stagione con l’Empoli e nella prossima potrebbe vestire la maglia della Juve. Fosse per me, sarebbe titolare sempre: bello da vedere, corretto, intelligente, forte, in poche parole, un difensore modello. 
Se vogliamo tornare ad essere tra le top five, dobbiamo assolutamente ritornare a sfornare altri Rugani. Questo è il punto. In Italia non vince quasi mai la squadra con l’attacco più forte, ma vince la squadra con la difesa migliore, la Juve degli ultimi anni è un esempio lampante, ma come non ricordare il primo Milan di Allegri con Thiago Silva e Nesta o l’Inter del Triplete con Samuel e Lucio, Maicon e Zanetti, o andando più in là nel tempo, la Juve di Capello, con Cannavaro, Thuram, Zambrotta…

Concludo facendo un grosso in bocca al lupo a Lorenzo De Silvestri, che ieri sera, purtroppo, si è rotto crociato anteriore e menisco esterno e dovrà stare fuori almeno 6 mesi.

venerdì 12 giugno 2015

JACKSON MILANWALK, MA IBRA...


E’ vero, il Milan per ritornare quello che era, per ritornare “il club più titolato al mondo”, ha bisogno di grandi giocatori. E sappiamo benissimo che per prendere grandi giocatori servono i soldi, che ora, a quanto pare, ci sono, grazie all’entrata in società di Mr. Bee.
Per costruire una squadra competitiva, però, non servono solo i grandi giocatori, servono un buon allenatore, una pianificazione e investimenti mirati.
Il buon allenatore c’è: Sinisa Mihajlovic ha l’esperienza e la grinta giusta per potersi sedere sulla panchina e dar avvio ad un nuovo ciclo.
Dopo aver scelto la guida tecnica, Galliani si è tuffato nell’oceano del calciomercato, con la voglia di prendere pesci grossi, grossissimi.
Due sono i nomi per l’attacco che ci circolano ormai da giorni: Jackson Martinez e Zlatan Ibrahimovic.
Jackson Martinez, che mi piace come punta, ha 28 anni e una clausola rescissoria da 35 milioni, clausola che il Milan intende pagare interamente al Porto per accaparrarsi le prestazioni della punta colombiana.
Una cifra, a mio parere, troppo alta: con quei soldi, si possono comprare anche due calciatori, di qualità. Credo che nel mercato globale, con 20-25 milioni, un ottimo centravanti lo porti a casa, e ti rimangono anche dei soldini da rinvestire su qualcuno, magari a centrocampo o in difesa, i reparti che hanno creato i maggiori problemi al Milan quest’anno.
Per quanto riguarda il capitolo Ibra, Zlatan, dal ritiro della Svezia, ha appena detto che non c’è nulla di vero sulla questione Milan, che sta bene al PSG, dove gioca anche in Champions e vince titoli. Certo, i più maliziosi, potrebbero leggere tra le linee un “Sto bene a Parigi con i miei 12 milioni netti all’anno”… Ma con Galliani e Raiola in giro mai dare nulla per scontato.
Comunque, secondo me, ha più senso l’affare Ibra che quello di Jackson Martinez, premettendo sempre che lo svedese arrivi gratis. Ibra conosce il campionato italiano e, per il livello che, ahimé, c’è in Italia, può tranquillamente fare la differenza, come del resto ha sempre fatto.
In conclusione, Ibra buono acquisto (alle condizioni del Milan), Jackson Martinez non il massimo, non come giocatore, ma come investimento.