Dare un esame
orale è un po’ come tirare un rigore dopo i supplementari.
50% di
possibilità: promosso o bocciato, gol o non gol.
Sia l’esame sia
i calci di rigore arrivano dopo un lungo percorso: i rigori dopo centoventi
minuti estenuanti, l’esame dopo un anno intenso di studio e riassunti.
Ma quando ti
trovi davanti al portiere avversario o al professore, tutto svanisce: sei solo
tu contro di lui (o lei). E il professore, in questo caso, si trasforma, purtroppo, nel portiere più forte del mondo.
La palla può
entrare in rete, ma dipende tutto (o quasi) da te. Puoi essere fortunato,
prendere il palo, ma poi la palla entra lo stesso, riuscendo a portare a casa un 18 insperato e quanto
mai sofferto.
Il professore però ti metterà a dura prova, sia a livello fisico
sia mentale. Un esame (o un calcio di rigore) è una questione di nervi. Sempre.
Ti fisserà negli
occhi, ti farà domande difficili, cercherà di metterti in difficoltà. Tu devi
essere più bravo, sperando anche nella fortuna. Perché, come in ogni calcio di
rigore, per fare gol serve sempre quella giusta dose di fortuna…
Se ti presenti
dal dischetto concentrato e con la convinzione di poter fare gol, portare a
casa la partita e, quindi, l’esame, diventa potenzialmente più semplice.
Bisognerebbe arrivare come Totti sul dischetto contro l’Australia nel 2006. Se
arrivi così a un esame, torni con un 30 e lode. Sicuro.
Un esame
perfetto e sorprendente lo paragonerei a un altro rigore di Totti, il celebre
cucchiaio che fece, esattamente quindici anni fa, a Van Der Sar durante l’emozionantissima
lotteria dei calci di rigore tra Italia e Olanda, nella semifinale degli
Europei.
Fu una giornata gloriosa per la nostra Nazionale, grazie al Pupone, ma
soprattutto grazie a San Francesco Toldo, che quella sera parò tre rigori.
Auguro, quindi, a tutti
gli studenti (me compreso) di riuscire a essere dei Totti agli esami, sperando
che il vostro professore non sia un Toldo, versione Europei 2000!
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